Ha davvero senso trasferire il proprio patrimonio all’estero dietro la spinta di timori più o meno motivati da una ridenominazione dell’euro?
Abbiamo appreso in questi giorni che a maggio sono usciti oltre 38 miliardi dall’Italia, ma le paure emotive che hanno determinato questa scelta potrebbero costare care a tanti risparmiatori. Certamente è un pessimo segnale per il Sistema Italia: diversamente dalle fughe di capitali del passato, oggi le paure sono soprattutto di natura politica e valutaria. Il Mostro si chiama “rischio di ridenominazione”, la cui esistenza è stata negata da Mario Draghi nella conferenza stampa del 14 giugno sulla fine del Quantitative Easing da parte della Bce.
Ma chi sta pensando di trasferire i propri risparmi oltreconfine dovrebbe pensarci molto bene: perché, se a livello sistemico il trasferimento all’estero può essere una modalità di protezione abbastanza efficace, non sembra altrettanto conveniente sotto l’aspetto fiscale e soprattutto dei costi.
Ha davvero senso trasferire il proprio patrimonio all’estero dietro la spinta di timori più o meno motivati di una ridenominazione dell’euro? Quanto costa e, sotto il profilo fiscale, c’è davvero qualche convenienza? Sono queste le domande alle quali cerchiamo di offrire una risposta.
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